Indice degli argomenti
- 1 Cos’è il Fuoco di Sant’Antonio?
- 2 L’incidenza del virus del Fuoco di Sant’Antonio
- 3 Le cause del Fuoco di Sant’Antonio
- 4 I sintomi del Fuoco di Sant’Antonio
- 5 Le complicanze del Fuoco di Sant’Antonio: l’herpes oftalmico
- 6 Altre complicanze del Fuoco di Sant’Antonio
- 7 La nevralgia post-erpetica
- 8 Come diagnosticare il Fuoco di Sant’Antonio?
- 9 Come curare il Fuoco di Sant’Antonio?
- 10 I rimedi naturali per il Fuoco di Sant’Antonio
- 11 Come prevenire il Fuoco di Sant’Antonio
- 12 Perché si chiama Fuoco di Sant’Antonio?
Cos’è il Fuoco di Sant’Antonio?
Il Fuoco di Sant’Antonio si manifesta con un’eruzione cutanea di solito circoscritta che provoca dolore e fastidi come il prurito.
Questa patologia è anche detta Herpes Zoster, un termine che deriva dal greco e significa “cintura di serpente”. Il nome evidentemente voleva alludere alla sofferenza che provoca la malattia in chi ne era colpito, come se fosse cinto dalle spire di un serpente bruciante o con un fuoco che arde dall’interno.
Altri uomini illustri come Virgilio nelle “Georgiche” lo chiamò “fuoco sacro”, in quanto la malattia era nota fin da tempi molto antichi.
Un aspetto curioso del Fuoco di Sant’Antonio, di cui in seguito vedremo il motivo per il quale è stato chiamato con questa definizione, è che si tratta di un virus latente.
Il virus è quello della varicella, malattia esantematica che i bambini molto spesso contraggono per contagio a scuola o in luoghi dove ci sono persone che ne sono già affette.
In termini scientifici il virus viene chiamato “varicella-zoster-virus” o VRV e, una volta passato l’episodio in cui si manifesta con vescicole sierose che portano alla formazione delle croste, rimane all’interno dell’organismo.
Il virus si stabilisce per l’esattezza in quelli che sono i gangli in corrispondenza della base del cranio o nel midollo spinale. In realtà non si rimane “portatori” di questo virus, perché il sistema immunitario, una volta guariti dalla varicella, lo annienta effettivamente, salvo poi essere di nuovo scatenato per motivi che alla scienza medica non sono ancora ben noti.
Insomma, si potrebbe dire che non c’è una piena vittoria dell’organismo sul virus e questo ricompare in condizioni particolari soprattutto nell’anzianità e con una certa incidenza.
L’incidenza del virus del Fuoco di Sant’Antonio
Proprio in rapporto all’incidenza, la probabilità che un anziano di più di 60 anni contragga il virus del Fuoco di Sant’Antonio, è superiore a quella che un bambino che si ammali di varicella.
Il motivo è che il virus zoster pare che si sviluppi più facilmente in quei soggetti che hanno un fisico debilitato o comunque un sistema immunitario debole. È il caso, per esempio, di chi è affetto da HIV o ha una malattia pregressa, ma anche di chi è fortemente depresso.
Sono proprio questi soggetti che nell’età adulta possono avere anche delle ricadute, ma pare sia un evento abbastanza raro.
In realtà chi ha già avuto il Fuoco di Sant’Antonio sviluppa una maggiore resistenza al virus e per questo dovrebbe in qualche modo essere meno soggetto.
Il virus zoster può colpire anche bambini a pochi giorni dalla nascita, oppure possono addirittura risultare già ammalati di varicella. Bisogna però precisare sche la varicella e il Fuoco di Sant’Antonio non hanno la stessa modalità di diffusione.
Il Fuoco di Sant’Antonio, infatti, si trasmette per contatto, mentre la varicella per via aerea, ed ecco il motivo per cui riguardo a quest’ultima si verificano delle vere e proprie epidemie tra i bambini.
È evidente, dunque, che chi non ha contratto la varicella da bambino non può ammalarsi di Fuoco di Sant’Antonio, perché non ha nell’organismo il virus. È possibile però, che un adulto possa ammalarsi di varicella a qualsiasi età.
Le cause del Fuoco di Sant’Antonio
Come accennato una delle cause del Fuoco di Sant’Antonio è legata all’aver contratto da piccoli la varicella.
Il virus fa parte di una specifica categoria virale detta “herpes virus” di cui fanno parte anche l’herpes labiale (provocato a sua volta dall’herpes simplex), che compare in quanto segno di una febbre non “sfogata” in modo classico cioè con temperatura corporea elevata. Anche l’herpes simplex si comporta in modo latente e ricompare manifestandosi sulle labbra. Alla famiglia di questi virus si aggiunge anche l’herpes genitale.
Il fatto che il virus della varicella rimanga latente nei gangli nervosi, provoca lo sfogo in corrispondenza della porzione del corpo con le stesse diramazioni nervose. È questa la causa per la quale lo sfogo di solito è circoscritto al busto, ai fianchi, alla schiena, al petto e provoca un intenso dolore.
La causa scatenante che coinvolge principalmente il sistema nervoso, provoca dolore anche dove non c’è rush cutaneo, e in alcuni casi questo può durare dopo che è scomparso lo sfogo e per diversi mesi.
Altre cause alla base della manifestazione del Fuoco di Sant’Antonio sono le condizioni cliniche generali, che come detto possono favorirlo. Può accadere a chi è affetto da AIDS o ha una patologia pregressa invalidante come un tumore, la mononucleosi, l’epatite e altre malattie che mettono a dura prova la resistenza alle infezioni.
In altre parole il Fuoco di Sant’Antonio si manifesta soprattutto negli anziani che hanno un sistema immunitario debole.
I sintomi del Fuoco di Sant’Antonio
Non sempre è facile diagnosticare il Fuoco di Sant’Antonio, perché alcuni dei sintomi tipici sono comuni a molte altre patologie.
Il virus zoster, infatti, si manifesta con febbre, mal di testa, dolore localizzato o diffuso di varia intensità, anche molto grave.
Il malessere generale conclude la carrellata di sintomi abbastanza comuni e l’unica manifestazione che invece fa subito pensare al Fuoco di Sant’Antonio, è l’eruzione cutanea.
Compare di solito con una zona dove si concentrano delle vescicole con siero giallastro, che possono provocare o meno prurito. Il busto, il fianco, la schiena, ma anche gli arti sono di solito le zone dove compare più spesso il rush cutaneo.
A volte la zona del corpo dove compare l’eruzione cutanea è cosi ben definita che somiglia molto a una vera e propria ustione, molto dolorante e che potrebbe anche essere scambiata per orticaria. La concentrazione delle vescicole dipende dalla diffusione del virus nel sistema nervoso centrale e periferico.
L’intensità del dolore dipende invece dal livello di coinvolgimento del cosiddetto “sistema nocicettivo“, che definisce la soglia del dolore.
La presenza delle vescicole sulla pelle può anche essere diffusa e raramente coinvolgono il volto, mani e piedi.
Ci sono casi però in cui il Fuoco di Sant’Antonio si concentra proprio a livello del cranio, quindi anche del viso.
Le vescicole potrebbero coinvolgere anche l’occhio, creando serissimi problemi alla vista che può essere messa a rischio o persa per la diffusione dell’infezione.
La vita delle vescicole infatti ha un’insorgenza abbastanza veloce e potrebbe perdurare per circa 2 settimane. Quando lo stato di infiammazione si attenua compaiono le croste, formate dal sangue mescolato al siero di cui sono composte, e cadono quando si sono seccate.
L’infiammazione della pelle si accompagna anche ad altre sensazioni tutt’altro che gradevoli. Tra queste un persistente bruciore e l’ipersensibilità della pelle, anche solo sfiorandola, con formicolii, intorpidimento, pizzichii. Il dolore può manifestarsi in modo continuo o con picchi invalidanti molto intensi. L’infiammazione può anche coinvolgere i cosiddetti “linfonodi sentinella“, come per esempio quelli del collo, che si ingrossano e diventano dolenti (linfoadenopatia).
Il Fuoco di Sant’Antonio può manifestarsi anche senza eruzione cutanea, quindi senza alcuna vescicola e prende il nome di “zoster sine herpete”, cioè “zoster senza l’herpes“, ma solo con il dolore e gli altri sintomi sopra descritti di varia intensità.
Non è detto comunque che i sintomi del Fuoco di Sant’Antonio si manifestino tutti insieme.
Le complicanze del Fuoco di Sant’Antonio: l’herpes oftalmico
L’herpes oftalmico nella maggior parte dei casi si risolve spontaneamente, a volte senza neppure richiedere l’intervento del medico o curarsi con terapie farmacologiche. Si manifesta infatti con un leggero rossore all’interno dell’occhio, che scompare entro pochi giorni e potrebbe occasionalmente accompagnarsi anche all’herpes labiale.
Ci sono invece quei casi in cui l’herpes oftalmico si presenta in modo estremamente virulento e aggressivo e in pochi giorni può manifestarsi con un intenso rush cutaneo che interessa una metà del viso e del cranio.
Come accade per la varicella, anche le vescicole del Fuoco di Sant’Antonio sono molto invasive e, se toccate, magari grattandosi a causa della sensazione di prurito intenso, non di rado lasciano delle piccole cicatrici ben visibili.
Qualcosa del genere può accadere anche agli occhi interessati dall’alterazione cutanea ed è uno dei casi che fanno parte delle complicanze del Fuoco di Sant’Antonio.
In tal caso è la cornea a subire gravi lesioni, al punto che può determinare la perdita definitiva della vista. L’infezione in realtà coinvolge il nervo trigemino che è, a sua volta, una diramazione del 5° nervo cranico. Dal nervo trigemino dipendono la maggior parte delle espressioni delle 2 metà del viso e, quindi, i danni si estendono anche all’espressività, al controllo di labbra, naso e appunto occhi. Proprio una diminuzione della sensibilità della punta del naso potrebbe essere un segno precursore della prossima insorgenza dell’herpes zoster.
L’unico modo per scongiurare una complicanza tanto grave, è quella di intervenire con i farmaci contro il virus, ritardando i danni cutanei o comunque l’iter di formazione delle vescicole che poi formano le croste.
Questa complicanza del Fuoco di Sant’Antonio che colpisce in particolare il volto, sembra essere rara quanto prevedibile.
Il motivo è intuibile per il fatto che il virus zoster latente si trova proprio nelle vicinanze del nervo trigemino, cioè nei gangli cranici.
In casi rarissimi l’infezione del Fuoco di Sant’Antonio può coinvolgere il cervello, provocando un’infezione grave come la meningite.
Altri sintomi dell’herpes oftalmico possono essere la congiuntivite, l’uveite, la paralisi del nervo ottico e ancora un forte dolore diffuso.
Nei casi in cui non ci sia rush cutaneo, i sintomi di questa forma di herpes zoster si possono individuare solo attraverso un arrossamento della cornea, lacrimazione, fastidio per le fonti di luce (fotofobia), vista offuscata.
Nel caso in cui l’infezione dovesse coinvolgere le arterie cerebrali, i pazienti possono incorrere anche in un’emiparesi laterale che compare a distanza di circa 2 mesi dalla diagnosi dell’herpes oftalmico. L’ulteriore complicanza può essere fatale nei soggetti immunodepressi, con un’alta percentuale di mortalità.
Nel caso si superi la crisi, tuttavia, ci possono essere serie conseguenze a livello neurologico di tipo permanente.
Altre complicanze del Fuoco di Sant’Antonio
L’infiammazione del Fuoco di Sant’Antonio, oltre all’herpes oftalmico, può provocare anche problemi all’orecchio. Si tratta dell’herpes zoster oticus che provoca, nei casi lievi, abbassamento dell’udito e in quelli più gravi il coinvolgimento del nervo cocleare e quello vestibolare. Questo provoca problemi di equilibrio e quella che viene conosciuta come Sindrome di Ramsay Hunt tipo II, con la perdita completa dell’udito e una paralisi facciale.
Sintomi precursori della sindrome potrebbero essere, oltre alle vertigini, anche nausea e vomito, acufeni (rumori nelle orecchie), nistagmo e anomalie nella percezione del gusto.
Il prurito può anche dare adito all’insorgenza di infezioni batteriche che potrebbero diffondersi dopo la guarigione delle lesioni cutanee.
Altre conseguenze non rare riguardano alcuni organi interni.
È noto che il virus del Fuoco di Sant’Antonio non si trasmette per via area, in quanto non entra in circolo a livello dei polmoni. Può accadere, però, che si diffonda ad altri distretti come l’intestino dando vita a esofagite da reflusso, ulcere gastriche, colite enterica e miocardite. Nessun organo interno, comunque, si può dire immune al virus dell’herpes zoster e l’evenienza è più probabile per chi ha un sistema immunitario indebolito.
Una delle complicanze dell’herpes zoster è la nevralgia post-erpetica.
La nevralgia post-erpetica
La nevralgia post-erpetica potrebbe essere classificata come una cronicizzazione del dolore che ha avuto origine con il Fuoco di Sant’Antonio, ma sarebbe riduttivo. Si tratta di una patologia che può considerarsi una malattia nella malattia, per le gravi problematiche che provoca al paziente.
I sintomi sono un dolore insistenze e quasi insopportabile nella zona dove si è manifestata l’eruzione cutanea.
Non è semplice diagnosticare la nevralgia post-erpetica in quanto la durata dell’herpes zoster e la sua insorgenza spesso si avvicendano senza soluzione di continuità.
Non è facile per i medici stabilire il confine temporale dal quale si può diagnosticare questa complicanza molto seria del Fuoco di Sant’Antonio.
Si può affermare che se il dolore continua per almeno 3 mesi dalla guarigione dell’infiammazione cutanea, allora si tratta della nevralgia.
Non tutti i medici e i dermatologi però sono concordi nello stabilire che bisogna attendere ben 3 mesi per questa diagnosi.
Altri, infatti, si pronunciano anche prima, in quanto il Fuoco di Sant’Antonio solitamente si risolve dopo circa 2 settimane e questo lo si può stabilire in base alla formazione delle croste.
Studi recenti hanno classificato la nevralgia post-erpetica in 3 stadi temporali.
Se il dolore non scompare dopo 30 giorni viene definita “acuta“, se trascorrono 60 giorni è chiamata “sub-acuta ” e se si oltrepassano i 6 mesi è definita “NPH“. Con l’espressione di dolore generico causato dall’herpes zoster, si indica qualsiasi manifestazione flogistica che perdura dopo che si è manifestata l’infiammazione della pelle.
In base a questa classificazione rimane non facile stabilire una diagnosi precisa, che è quanto mai necessaria per riuscire a curare efficacemente l’insistenza del virus zoster.
Altri elementi statistici che riguardano la manifestazione della nevralgia post-erpetica sono quelli molto indicativi dell’incidenza.
La patologia pare che colpisca più di frequente soggetti donne al di sopra dei 50 anni, mentre i pazienti con un’età inferiore sono meno del 20%.
Al contrario, dopo il compimento dei 60 anni la percentuale dei soggetti interessati tende di nuovo a risalire ed è difficile anche che ci sia una guarigione spontanea. A 70 anni la probabilità di incorrere nella nevralgia post-erpetica tocca quasi l’80%.
Al di la della casistica, la nevralgia post-erpetica si manifesta con un’accentuata ipersensibilità al dolore della zona interessata, che è guarita dal Fuoco di Sant’Antonio. Il paziente basta che sia sfiorato perché senta un bruciore e un dolore intenso, per cui è difficile per lui anche distinguerli. Il dolore può essere scatenato anche solo dal contato con i vestiti, con le lenzuola mentre si è a letto, di notte mentre si dorme e ci si muove inconsciamente, o anche solo per aver subito uno sbalzo di temperatura.
Anche le percezioni e l’aspetto psicologico possono influire su come il paziente avverte il dolore. Basta che subisca uno stress, fisico o emotivo anche leggero o sentire un rumore forte e improvviso, per soffrire terribilmente. Quello che è anomalo è la percezione del dolore che è inspiegabilmente prolungata più del normale e che quindi compromette la tranquillità del soggetto e delle normali attività quotidiane.
Il modo in cui si avverte il dolore è comunque relativo alla personale soglia di sopportazione e può anche avvenire che la nevralgia post-erpetica si manifesti con sintomi più lievi, come intorpidimento o prurito leggero.
La durata però della nevralgia post-erpetica non si può definire con esattezza, perché potrebbe protrarsi per mesi, ma anche per anni e non impedire una ricaduta del Fuoco di Sant’Antonio.
Come diagnosticare il Fuoco di Sant’Antonio?
Diagnosticare un Fuoco di Sant’Antonio con i sintomi tipici è abbastanza semplice, in quanto basta l’esame obiettivo, associando il rush cutaneo con febbre, dolore, prurito, ecc. Questa prende il nome di “diagnosi differenziale“.
In alcuni casi, per fugare qualsiasi dubbio, è possibile eseguire l’esame del liquido sieroso contenuto nelle vescicole, nelle quali si potrà constatare la presenza del virus. Lo stesso avviene anche in quei casi in cui è necessario sapere se si tratta di varicella.
Il test di laboratorio che si esegue più di frequente è quello degli anticorpi IgM con un prelievo di sangue.
Per i non addetti ai lavori, verrebbe da chiedersi perché non si esegue il test anche per sapere se è presente il virus in forma latente o se sta per manifestarsi.
Il test fornisce risultati soltanto quando è presente il virus della varicella e quello del Fuoco di Sant’Antonio in atto e non se è latente.
Un ulteriore esame è possibile farlo in centri medici specializzati dove si esegue la ricerca del virus nel DNA e si individua attraverso l’esame al microscopio.
Più complicata diventa invece la diagnosi del “sine herpete”, cioè senza infiammazione cutanea, come accennato sopra, per il quale si possono fare gli esami di laboratorio sopra descritti per indagini più approfondite, che non lascino dubbi e permettano di intervenire tempestivamente.
Per il caso specifico si può somministrare al paziente un composto di acido acetilsalicilico (il principio attivo della più nota aspirina), ed etere etilico. La diagnosi avviene semplicemente assistendo a un miglioramento, in quanto fanno parte della terapia farmacologica che attenua i sintomi.
Come curare il Fuoco di Sant’Antonio?
Per curare il fuoco di Sant’Antonio è necessario avere una diagnosi tempestiva, il quanto il tempo è un fattore importante per alleviare i sintomi e rallentare la diffusione dell’infiammazione cutanea.
La terapia dunque deve evitare la diffusione delle vescicole, limitare eventuali infezioni della pelle, arrestare il virus prima che raggiunga il sistema nervoso centrale e quindi prevenire il dolore cronico della nevralgia post-erpetica.
Tra i farmaci utilizzati ci sono gli antivirali, gli antidolorifici e i corticosteroidi.
Gli antivirali sono ovviamente mirati a fare in modo di non arrivare a livelli di gravità elevati. Tra gli antivirali più utilizzati in questi casi ci sono quelli con il principio attivo aciclovir, come lo Zovirax, da assumere dietro stretta prescrizione medica. Si trovano sia in compresse che in crema da applicare sulle vescicole e sono indicati per bambini e per adulti. Le creme sono prevalentemente a base di capsaicina e di lidocaina.
Tali farmaci però non sono indicati nel trattamento della nevralgia post-erpetica, mentre vanno bene per l’herpes nella zona oculare.
Gli antivirali che si utilizzano per il Fuoco di Sant’Antonio possono anche essere prescritti nel caso di pazienti affetti dal virus del HIV.
L’herpes zoster in taluni casi è considerano indicativo della presenza di AIDS e, se si tratta di pazienti con un sistema immunitario molto debilitato, possono essere somministrati in flebo.
La regola vuole che la terapia farmacologica debba essere avviata entro 4 giorni da quando compare l’infiammazione cutanea e la posologia è sempre definita in base alla gravità del paziente.
I farmaci antidolorifici sono necessari per rendere l’insorgenza del Fuoco di Sant’Antonio tollerabile. Nei casi in cui il dolore sia sopportabile, possono anche bastare gli antidolorifici e non è necessaria la prescrizione medica. Per alleviare il dolore e attenuare il moltiplicarsi delle vescicole si possono usare le applicazioni topiche.
Nei casi in cui il paziente soffra di un dolore violento, non è escluso che si possano somministrare morfina od oppiacei e anche la lidocaina in crema.
Per quanto riguarda i corticosteroidi che servono a alleviare insieme agli antinfiammatori il rush cutaneo, ma non c’è un accordo univoco sulla loro effettiva efficacia. È però probabile che possano prevenire il dolore cronico della nevralgia post-erpetica.
Nei casi in cui ci sia un coinvolgimento del sistema nervoso centrale, si somministrano anche farmaci epilettici, per normalizzare la risposta elettrica cerebrale alterata che provoca dolori con fitte.
I rimedi naturali per il Fuoco di Sant’Antonio
Il Fuoco di Sant’Antonio è un’affezione conosciuta almeno fin dal medioevo, quando ancora non esistevano cure se non quelle create con l’ausilio dell’alchimista, profondo conoscitore delle proprietà delle piante.
Quel sapere antico non è stato del tutto dimenticato e ancora oggi ci sono dei rimedi naturali e tradizionali che puntualmente vengono recuperati per dare sollievo a chi è colpito da questo “fuoco”. Sono soluzioni da affiancare alla terapia medica come coadiuvante per trovare sollievo nella fase acuta dell’herpes zoster.
Per le applicazioni topiche sono molto efficaci alcuni oli essenziali, tra cui quello di niaouli, che va messo direttamente sulla zona irritata più volte al giorno. Lo stesso olio niaouli può essere aggiunto a una miscela di oli essenziali come quello di lavanda spica o quello vegetale iperico. Per chi volesse associare delle applicazioni a base naturale può anche chiedere in erboristeria di farsi preparare un composto indicato per lenire il bruciore e in genere l’infiammazione del Fuoco di Sant’Antonio.
Un altro rimedio è quello a base di tintura madre di ribes nigrum, che è usato per le infezioni, ma anche per le allergie e può risultare molto efficace.
In genere ci si può rivolgere anche all’omeopatia per contrastare lo stress che accompagna la fase acuta dell’herpes zoster e anche per prevenire eventuali recidive.
In ultimo ci si potrebbe anche sottoporre a sedute di agopuntura, che come è noto agisce su precisi punti del corpo, riuscendo ad alleviare il dolore. La pratica dell’agopuntura deve essere sempre avviata dietro consiglio del proprio medico.
Come prevenire il Fuoco di Sant’Antonio
La prevenzione del Fuoco di Sant’Antonio può cominciare da non esporsi al contagio del virus. Come detto non si trasmette per via area ma solo con il contatto delle zone infiammate.
Bisogna quindi evitare di avere contatti con chi è nella fase acuta e non usare gli stessi asciugamani o abiti.
Il virus dell’Herpes zoster si trasmette infatti solo nella fase acuta e cessa quando si stanno creando le croste sulle vescicole.
Per quanto riguarda le misure preventive, questa è l’unica che si possa mettere in atto.
Per quanto riguarda i bambini, il vaccino contro la varicella non è obbligatorio, ma i genitori possono informarsi nel caso decidano di eseguire la profilassi a propri figli.
Negli Stati Uniti è stato messo a punto un vaccino che si chiama Zostavax, disponibile anche in Italia che è in grado di ridurre la possibilità decontrarre il virus nel più del 60% dei casi secondo il New England Journal of Medicine, in particolare per i pazienti ultra sessantenni. È efficace anche per la prevenzione delle complicazioni e delle ricadute e contiene, come accade per altri tipi di vaccini, il virus zoster della varicella attenuato.
Per chi ha più di 65 anni può sottoporsi alla vaccinazione in modo del tutto gratuito, chiedendo informazioni al proprio medico di famiglia.
Perché si chiama Fuoco di Sant’Antonio?
La storia narra che nel Medioevo, in mancanza di cure efficaci che potessero combattere questo male oscuro quanto doloroso, molti si affidavano alle preghiere di alcuni santi che concedevano grazie per la guarigione dei fedeli.
Tra questi c’era Sant’Antonio Abate, egiziano che la leggenda vuole abbia superato le terribili prove a cui lo sottopose il diavolo, tra cui essere investito da fuoco e fiamme. Da sempre considerato un santo dalle doti taumaturgiche, era per questo venerato al fine di ottenere la guarigione. A seguito delle grazie concesse, la sua fama crebbe al punto che a questa misteriosa malattia fu dato proprio il suo nome. Molti consideravano l’herpes zoster un “fuoco sacro” scorgendo la grazia della penitenza da offrire in sconto dei peccati, mentre altri, sull’onda della superstizione tipica dei “tempi bui” medioevali, lo vedevano come un vero e proprio castigo, chiamandolo anche “fuoco di Satana”.